La direttrice di un importantissimo istituto culturale mi ha posto una domanda sulla quale ho riflettuto molto negli ultimi giorni. La domanda mi è stata posta durante una lezione che ho tenuto per un ente di formazione sulla tecnologia dei Beacon ed è abbastanza semplice: “In che modo, dal punto di vista “psicologico”, coloro che appartengono al mondo della cultura, che svolgono ruoli di responsabilità per istituzioni culturali, dovrebbero cambiare? Quale visione dovrebbero avere, quale modo di porsi dovrebbero darsi per ottenere un rapporto costruttivo con la tecnologia?”. La mia risposta a freddo, in quell’occasione, è stata duplice.
Prima di tutto, coloro che hanno responsabilità all’interno di musei e istituzioni culturali devono essere sempre al vertice della piramide decisionale per tutti i progetti che riguardano la comunicazione interna al pubblico soprattutto se attuata attraverso strumenti e tecnologie digitali che richiedono un alto grado di progettualità e di scouting preventivo. In secondo luogo occorre rivoluzionare il modello finora imperante che consiste, o meglio che è consistito, nel subire la proposta progettuale dell’azienda approfittando della poca conoscenza da parte degli operatori culturali delle nuove tecnologie digitali. La tematica è talmente ampia, delicata e di fondamentale importanza per il buon funzionamento dei musei e degli istituti culturali nel prossimo futuro che mi occorre integrare questa risposta con altre considerazioni.
La manager che ha posto la domanda ha centrato un punto saliente ed ha posto l’accento su una connotazione psicologica che ritengo fondamentale; ciascun manager della cultura deve possedere una visione a lungo termine e saperla realizzare dettagliando dei precisi disciplinari su quanto atteso dal fornitore di tecnologia, dall’integratore di sistema, dal produttore di contenuti multimediali eccetera. Acquisirà la competenza nella gestione di gruppi di progettazione che non sono più solo composti da figure professionali “classiche” come l’esperto di contenuti, che possono essere umanistici, scientifici, tecnici o specializzati, l’architetto museografo e l’allestitore, ma anche da consulenti in campo tecnologico e conoscitori di soluzioni digitali, al tempo stesso studiosi di applicazioni e installazioni realizzate presso grandi centri di cultura sparsi in tutto il mondo. E’ quindi necessario avvalersi della collaborazione di progettisti e consulenti esperti in progetti ad alto valore tecnologico per la valorizzazione e la comunicazione del proprio patrimonio; devono seguire le indicazioni e i desiderata dei manager, sanno effettuare un products and solutions scouting seguono come dei direttori dei lavori la realizzazione di progetti, siano essi installazioni multimediali, video guide, applicazioni, progetti web, eccetera.
Fino ad oggi si fotografa una situazione che assomiglia a quella di un proprietario di casa che ha poche idee e ben confuse e che non contento si mette, senza un’adeguata preparazione, nelle mani di fornitori di servizi che garantiscono un “chiavi in mano” senza (come giusto dal loro punto di vista), curarsi dell’interesse dell’istituzione culturale. I costi di gestione e manutenzione rischieranno quindi di essere insostenibili, la aggiornabilità di software e contenuti sarà quindi nelle mani sbagliate e fortemente a rischio e la contrattualizzazione per la vendita dell’hardware seguirà un modello conveniente solo per colui che offre il servizio. E questo solo per fare pochi esempi. In un’epoca in cui sembrano andare di moda le nuove professioni museali, va di moda parlarne più che metterne in pratica le operatività, sarebbe necessario cominciare ad essere tutti noi del mondo della cultura dei manager, ad esserlo davvero non ad averne solo titolo.
Il primo step che ci conferma di essere sulla buona strada è quello di porsi il problema nei termini e nella rilevanza con cui è stato posto da chi mi rivolse la domanda che ha ispirato questo articolo. Il nostro studio ha già elaborato da diversi anni un modello malleabile e in costante aggiornamento per la progettazione che prevede una chiara distribuzione degli incarichi e delle responsabilità, la collaborazione in uno schema gerarchico basato sulle competenze di diverse figure professionali (e nello specifico del digitale), ma soprattutto un modello di progettazione in grado di adattarsi alle esigenze dell’istituzione che richiede la nostra consulenza, perchè dobbiamo lavorare tutti per quello, che poi è il nostro visitatore, la comunità di cui facciamo parte.